“La mano, morfologicamente completa e correttamente funzionante, rappresenta nell’uomo, sin dalla nascita, un elemento indispensabile per la vita. Essa permette grazie alla funzione di pinza e di presa, supportata dalla presenza di un pollice opponibile, la manipolazione di oggetti ed il loro utilizzo, l’esplorazione del mondo circostante e l’apprendimento. Le malformazioni della mano, di cui risulta affetto in media 1 bimbo su 1500 nati, sono molteplici e di differente gravità.”

LA RIABILITAZIONE DELLA MANO

La Riabilitazione della Mano è l’arte e la scienza della riabilitazione dell’arto superiore (spalla, gomito e mano). È diventata un ramo specialistico della Fisioterapia e della terapia occupazionale, nata dalla necessità di identificare uno specialista con le conoscenze e l’esperienza necessarie per gestire il difficile recupero di lesioni complesse della mano e  degli arti superiori. Con una serie di interventi terapeutici mirati e specifici aiuta i pazienti a tornare al loro più alto livello funzionale.

L’IMPORTANZA DELLA RIABILITAZIONE SPECIALISTICA

Il mondo della riabilitazione della mano mi affascinò fin dai tempi degli studi universitari in Fisioterapia. Quando mi si presentò, ormai più di dieci anni fa, l’occasione di collaborare con un importante chirurgo della mano, colsi al volo e con grande entusiasmo questa opportunità. Negli anni ho potuto acquisire, frequentando specifici corsi formativi ed effettuando tirocini presso i reparti di chirurgia e riabilitazione della mano più importanti in Italia, le competenze necessarie per gestire le più svariate patologie che colpiscono la mano. Questo percorso è culminato con la decisione di attestare le competenze acquisite ed acquisirne di nuove, frequentando il Master di I livello di chirurgia e riabilitazione della mano presso l’Università degli Studi di Milano. Questo Master è attualmente l’unico in Europa che identifichi adeguatamente la figura del Terapista della Mano Europeo con un percorso formativo sviluppato in un anno accademico e articolato in un totale di 16 settimane di intense sessioni didattiche e di tirocinio presso i reparti di riabilitazione della mano più importanti in Italia.

QUANDO RIVOLGERSI AD UN TERAPISTA DELLA MANO?

Tutte le volte che a causa di un danno anatomico, che può essere osseo, tendineo, legamentoso, muscolare, articolare o nervoso, la mano, ma anche il polso o il gomito, perde la sua funzionalità , è opportuno rivolgersi a un Terapista della Mano.

La supervisione immediata di un terapista della mano è raccomandata:

  • dopo qualsiasi intervento chirurgico, non solo quelli complessi. Questo consente di minimizzare fenomeni spiacevoli come gonfiore e aderenze cicatriziali che possono talvolta manifestarsi anche in seguito a semplici interventi.
  • Subito dopo il confezionamento di un gesso e alla sua rimozione dopo un periodo di immobilizzazione.
  • In presenza di patologie infiammatorie, traumatiche o degenerative, tipo:

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

La Sindrome del Tunnel Carpale  costituisce circa il 90% di tutte le neuropatie da intrappolamento ed è causata principalmente dalla compressione, da parte dei tendini flessori infiammati, del nervo mediano nel suo passaggio all’interno del canale carpale.  Colpisce prevalentemente il sesso femminile e l’unico esame attendibile per la sua diagnosi è una elettromiografia.

 

La sindrome del t. c. ha solitamente un esordio sintomatologico sfumato, prevalentemente notturno, e si manifesta con parestesie (sensazione di formicolio o addormentamento) alle prime tre dita e metà quarto dito, dolore al palmo ed al polso, debolezza della mano e riduzione della sensibilità alle prime tre dita.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Può essere Conservativo o Chirurgico

Il trattamento Conservativo è indicato solo nei primi stadi della patologia e prevede:

  • il confezionamento di un tutore su misura di riposo da portare durante la notte per almeno 2-3 mesi,
  • indicazioni di risparmio articolare con eventuale modifica di alcune abitudini professionali, l’applicazione di kinesiotape.

Il trattamento Chirurgico è indicato se il trattamento conservativo fallisce o negli stadi più avanzati della patologia. L’intervento chirurgico, che può essere eseguito tradizionalmente con apertura del campo operatorio o mediante endoscopia,  prevede la liberazione del nervo attraverso l’apertura del legamento anulare del polso. Dopo l’operazione è indicato l’incontro con un fisioterapista specializzato per apprendere semplici esercizi e accorgimenti che favoriscono la risoluzione dell’edema, il ripristino dei corretti scorrimenti tendinei e la cura della cicatrice.

 

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

Il Morbo di De Quervain definita anche tenosinovite stenosante dei tendini del primo compartimento dorsale del carpo, è un’infiammazione di due  tendini del pollice (abduttore lungo ed estensore breve del pollice). Movimenti ripetuti e scorretti dl pollice e del polso sono considerati la principale causa della sua comparsa, determinando dolore e impotenza funzionale della mano. Colpisce prevalentemente il sesso femminile (in particolare le neo-mamme), con una maggiore incidenza tra i 35-55 anni di età.

Il Morbo di De Quervain si manifesta con un graduale aumento del dolore e gonfiore sul lato radiale del polso che tende a peggiorare soprattutto nei movimenti di abduzione del pollice, nelle prese e nella deviazione ulnare del polso.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Può essere Conservativo o Chirurgico

Il trattamento Conservativo è indicato agli esordi della patologia e nelle forme acute. Prevede:

  • il confezionamento di un tutore su misura di riposo da portare durante la notte per almeno 2-3 mesi,
  • un tutore funzionale da indossare durante le attività giornaliere,
  • indicazioni di risparmio articolare con eventuale modifica di alcune abitudini professionali,  l’applicazione di kinesiotape.

Il trattamento Chirurgico è indicato se il trattamento conservativo fallisce o nelle forme ormai cronicizzate. L’intervento chirurgico consiste nell’apertura del primo compartimento dorsale. Dopo l’operazione è indicato l’incontro con un fisioterapista specializzato per apprendere semplici esercizi e accorgimenti che favoriscono la risoluzione dell’edema, il ripristino dei corretti scorrimenti tendinei e la cura della cicatrice.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

Il Morbo di Dupuytren è una patologia cronica, progressiva, dovuta all’ispessimento e retrazione dell’aponeurosi palmare (tessuto fibroso posto tra la pelle e i tendini) che determina una flessione progressiva e permanente di una o più dita. Le cause della malattia rimangono ancora sconosciute ma colpisce prevalentemente il sesso maschile dopo i 50 anni di età con un’evoluzione lenta. La diagnosi è essenzialmente clinica e si base sul Table Test, cioè il paziente non è più in grado di appoggiare il palmo della mano su una superficie piana.

Il Morbo di Dupuytren non provoca dolore e si presenta sotto forma di uno o più noduli sul palmo della mano, con una maggiore frequenza alla base del IV e V dito.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Non esistono attualmente terapie conservative efficaci per il Morbo di Dupuytren.

Il Trattamento Chirurgico ha lo scopo di correggere l’atteggiamento in flessione delle dita e ripristinare una corretta funzionalità della mano. Possono essere utilizzate tecniche tradizionali (cordotomia e fasciotomia sottocutanea, dermofascectomia o cordotomia sottocutanea) o la più recente cordotomia enzimatica mediante iniezione di collagenasi. Qualunque operazione deve essere seguita, fin dal giorno successivo, da un corretto ed immediato percorso riabilitativo al fine di recuperare e mantenere un corretto movimento di flesso-estensione delle dita, e di trattare correttamente l’edema e la cicatrice. È inoltre importante confezionare un tutore in estensione che garantisca il mantenimento dell’estensione delle dita durante la notte per alcuni mesi.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

L’epicondilite é una tendinopatia inserzionale infiammatoria e/o degenerativa delle fibre tendinee di alcuni muscoli dell’avambraccio che s’inseriscono sull’epicondilo, prominenza ossea situata nella regione laterale del gomito. Causa dolore laterale al gomito, sull’epicondilo, e/o lungo il decorso dei muscoli interessati. Inizialmente il dolore compare solo dopo l’attività lavorativa e scompare spontaneamente dopo il riposo, negli ultimi stadi il dolore può divenire costante anche a riposo e di notte.

L’inserzione muscolare sull’epicondilo rappresenta senza dubbio l’origine più frequente dell’epicondilite ma anche altre strutture anatomiche circostanti ( muscolo supinatore breve, nervo interosseo posteriore, legamento anulare e menisco omero-radiale ) possono causare il dolore laterale del gomito.

L’Epicondilite, conosciuta più comunemente come Gomito del Tennista, si manifesta però anche in altri sportivi (golf e scherma). Tuttavia, non è una patologia esclusiva degli sportivi, ma colpisce frequentemente chiunque svolge una intensa attività manuale/lavorativa in cui si ha un’elevata sollecitazione dei muscoli epicondiloidei, ma anche chi esegue gesti poco intensi ma ripetitivi, come semplicemente scrivere, digitare su una tastiera, girare una chiave, guidare, ecc.. .

Per confermare la diagnosi ed escludere altre cause di dolore al gomito può essere utile effettuare un’ecografia o, in alcuni casi, una risonanza magnetica.

 

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Il primo approccio è sicuramente il Trattamento Conservativo che prevede:

  • il confezionamento su misura di un tutore notturno di riposo,
  • un eventuale tutore funzionale da portare durante le attività giornaliere,
  • un programma riabilitativo specifico comprendente terapie fisiche (Tecar, laser, ecc.), l’applicazione di kinesiotape e indicazioni di risparmio articolare.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

L’epitrocleite é una tendinopatia inserzionale infiammatoria e/o degenerativa delle fibre tendinee di alcuni muscoli dell’avambraccio che originano sull’epitroclea, prominenza ossea situata nella regione mediale del gomito. Più comunemente conosciuta come Gomito del Golfista, si manifesta anche in altri sportivi (lanciatori nel baseball, boulder) ma è molto meno frequente dell’epicondilite (solo il 5% dei casi totali).

L’Epitrocleite si manifesta con dolore mediale al gomito, in corrispondenza dell’epitroclea, e/o lungo il decorso dei muscoli interessati. Inizialmente il dolore compare solo dopo l’attività lavorativa e scompare spontaneamente dopo il riposo, negli ultimi stadi il dolore può divenire costante anche a riposo e di notte.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Il primo approccio è sicuramente il Trattamento Conservativo che prevede:

  • il confezionamento su misura di un tutore notturno di riposo,
  • un eventuale tutore funzionale da portare durante le attività giornaliere,
  • un programma riabilitativo specifico comprendente terapie fisiche (Tecar, laser, ecc.), l’applicazione di kinesiotape e indicazioni di risparmio articolare.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

La Rizoartrosi è l’artrosi dell’articolazione trapezio-metacarpale che si trova alla base del pollice. Colpisce prevalentemente il sesso femminile e consiste nella degenerazione della cartilagine articolare che conduce ad un progressivo aumento del dolore alla base del pollice durante i movimento di presa e di pinza della mano. Con il progredire della patologia il dolore tende ad aumentare di intensità durante la quasi totalità dei movimenti effettuati con la mano e gradualmente inizia a manifestarsi anche quando l’articolazione è a riposo.

Con l’aggravarsi della malattia si viene a creare una tipica deformità ossea caratterizzata da un rigonfiamento alla base del pollice, seguito da un progressivo spostamento della base del pollice verso l’esterno che porta a limitazione funzionale e diminuzione della forza. Come fenomeno di compenso l’articolazione intermedia del pollice, la metacarpofalangea, si iperestende nel tentativo di consentire alla mano di afferrare oggetti più grossi e il pollice assume una deformità caratteristica definita “pollice a zeta”.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Agli esordi e nei primi stadi della patologia, il trattamento di elezione è quello Conservativo, e prevede:

  • il confezionamento su misura di un tutore notturno di riposo,
  • l’utilizzo di un piccolo tutore funzionale da portare durante le attività giornaliere,
  • un programma riabilitativo specifico comprendente terapie fisiche a scopo antalgico e antiinfiammatorio (Tecar, laser, ecc.), e indicazioni di risparmio articolare.

Negli stadi più avanzati e nelle forme più invalidanti e dolorose nelle quali la terapia conservativa è risultata inefficace, il Trattamento più indicato è quello Chirurgico. Al trattamento chirurgico deve seguire un corretto percorso riabilitativo finalizzato al recupero di un corretto schema motorio e di una buona funzionalità in assenza di dolore.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

Detta anche sindrome del canale cubitale è la seconda più comune neuropatia da compressione di un nervo periferico dopo la sindrome del tunnel carpale alla mano.

L’infiammazione del nervo a livello della doccia epitrocleo-olecranica del gomito è causata da movimenti ripetuti o posture prolungate del gomito in flessione o dal ripetuto “scivolamento” al di  fuori dal suo solco per un’insufficiente tenuta del “soffitto” del canale.

Solitamente la sintomatologia clinica si manifesta inizialmente con parestesie (sensazioni soggettive spontanee di formicolio, pizzicore, solletico ecc.) al 4° e 5° dito spesso sottovalutate dal paziente. Col progredire della sofferenza del nervo si manifesta una riduzione della sensibilità (ipoestesia) sul 4° e 5° dito, sulla parte ulnare del palmo e del dorso della mano, debolezza della presa e, in alcuni casi, dolore irradiato dal gomito verso la mano e/o la spalla. La positività di una elettromiografia  e del segno di Tinel al gomito confermano la diagnosi.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Agli esordi e nei primi stadi della patologia, il trattamento di elezione è quello Conservativo, e prevede:

  • il confezionamento su misura di un tutore notturno di riposo,
  • un programma riabilitativo specifico comprendente terapie fisiche a scopo antalgico e antiinfiammatorio (Tecar, laser, ecc.), indicazioni di risparmio articolare e l’applicazione di kinesiotape.

Negli stadi più avanzati, con compressione grave e prolungata nel tempo e se la terapia conservativa fallisce, il Trattamento più indicato è quello Chirurgico. Al trattamento chirurgico deve seguire un corretto percorso riabilitativo finalizzato al trattamento precoce dell’edema e della cicatrice, al ripristino di una corretta sensibilità e al recupero della forza muscolare.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

Definito anche tenosinovite stenosante, è una infiammazione dei tendini flessori delle dita. I tendini scorrono all’interno di un canale osteo-fibroso che presenta in alcuni punti degli ispessimenti chiamati pulegge di riflessione che permettono al tendine di piegare le dita a livello delle articolazioni. Quando un tendine si infiamma, l’aumento di volume ne causa difficoltà di scorrimento a livello dell’imbocco della puleggia. Il ripetersi di questo frizionamento, determina il progredire dell’infiammazione e la formazione di un nodulo alla base delle dita, il cui passaggio al di sotto della puleggia può avvenire repentinamente con il classico “scatto”. Il “dito a scatto” compare il più delle volte spontaneamente, senza causa apparente. L’età più colpita risulta essere tra i 40 e i 60 anni.

I pazienti riferiscono solitamente dolore e difficoltà nel muovere il dito. Presentano inoltre dolore localizzato alla base del dito interessato, un nodulo tendineo palpabile e lo scatto nei movimenti di flesso-estensione del dito, specie al mattino al risveglio. Spesso i pazienti riferiscono erroneamente di percepire lo scatto a livello della articolazione interfalangea prossimale delle dita o della interfalangea del pollice ma non sono queste le sedi del problema. Il dito a scatto colpisce preferibilmente il pollice, il medio e l’anulare ma a volte anche l’indice e il mignolo. In uno stadio avanzato il dito può rimanere bloccato in estensione o flessione.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

Agli esordi e nei primi stadi della patologia, il trattamento di elezione è quello Conservativo, e prevede:

  • il confezionamento su misura di un tutore notturno di riposo,
  • l’utilizzo di un piccolotutore funzionale da portare durante le attività giornaliere,
  • un programma riabilitativo specifico comprendente terapie fisiche a scopo antalgico e antiinfiammatorio (Tecar, laser, ecc.), indicazioni di risparmio articolare e l’applicazione di kinesiotape.

Negli stadi più avanzati e se la terapia conservativa fallisce, il Trattamento più indicato è quello Chirurgico. L’intervento chirurgico consente, tramite una piccola incisione alla base del dito, di “liberare” il tendine mediante la sezione della puleggia.  Al trattamento chirurgico deve seguire un corretto percorso riabilitativo finalizzato al trattamento precoce dell’edema e della cicatrice, e al ripristino di un corretto scorrimento del tendine.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

La lesione sottocutanea del tendine estensore, spesso causata da una improvvisa flessione della falange distale, determina la permanenza in flessione della punta del dito nel tipico atteggiamento definito Dito a martello. Nella vita quotidiana spesso avviene con semplici attività tipo rimboccare le lenzuola mentre nello sportivo, il trauma avviene più comunemente per un impatto con la palla (rugby, pallavolo basket). La lesione sottocutanea può avvenire per rottura del tendine o per la sua disinserzione, con avulsione di un piccolo frammento osseo, dalla base della falange distale.

La lesione del tendine è solitamente dolorosa solo nei primi istanti. Poi l’articolazione interfalangea distale diviene gonfia e arrossata e, il paziente, si accorge dell’impossibilità di estendere attivamente la punta del dito, che rimane atteggiata in flessione.

QUAL’ È IL TRATTAMENTO?

in caso di esclusiva lesione tendinea, il trattamento più idoneo è quello Conservativo e prevede:

  • un tutore digitale con un particolare bendaggio per mantenere l’estensione della punta del dito per 6 settimane. La supervisione di un fisioterapista specializzato, consente di rimuovere e di riconfezionare settimanalmente il tutore digitale e il bendaggio per l’igiene del dito. Le lesioni di “vecchia data” hanno una possibilità di guarigione inferiore ma, fino a 6 mesi dell’evento, è possibile tentare il trattamento conservativo.

In caso di lesione con avulsione ossea e in base al grado di scomposizione può essere, invece, indicato il trattamento chirurgico.

Alla fine sia del trattamento conservativo che di quello chirurgico, è fondamentale effettuare uno specifico percorso riabilitativo al fine di recuperare la flessione completa del dito, senza creare “allungamenti patologici” del tendine.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

è una neoformazione rotondeggiante solitamente piccola con diametro inferiore a 1 cm, di consistenza duro-elastica che compare sul dorso della mano. Può originare dalla superficie del tendine estensore o all’interno del tendine stesso. La malattia è presente in età adulta. E’ caratterizzata dal fatto che si muove quando il tendine scorre alla flessione o all’estensione del dito. Può provocare sensazione di disturbo o dolore, soprattutto alla digitopressione. La neoformazione è apprezzabile palpatoriamente e molto spesso visibile. Si consiglia di eseguire un’ecografia per la conferma della diagnosi. Trattamento: l’intervento chirurgico è raccomandato e viene eseguito in anestesia locale e in regime ambulatoriale o di day-surgery. La cisti viene asportata assieme alla guaina che riveste il tendine. Dopo l’intervento è consentita l’immediata ripresa del movimento delle dita limitando l’attività lavorativa pesante per almeno una decina di giorni.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

è una tumefazione di natura non tumorale ripiena di liquido sinoviale. Questo liquido è un lubrificante che si trova all’interno delle articolazioni e nelle guaine dei tendini. Nella maggior parte dei casi compaiono sul dorso del polso, meno frequentemente sul versante palmare o alla base del pollice, a volte a seguito di traumi o cadute, altre volte senza una causa apparente. Le dimensioni variano nel tempo e talvolta, si riducono fino alla transitoria scomparsa della cisti. Per la diagnosi è sufficiente la visita dello specialista, anche se in certi casi può essere utile un esame ecografico. Trattamento:   se la cisti non provoca dolore o non limita il movimento, è sufficiente controllare che non aumenti di volume. Se i sintomi sono frequenti o intensi, è necessario asportare chirurgicamente la cisti. L’intervento, che dura circa 15 minuti, viene effettuato in Day Hospital con l’anestesia del solo arto superiore. E’ possibile eseguire tale procedura anche in artroscopia eseguendo solo due piccolissime incisioni vicine alla cisti. Nonostante l’intervento sia il metodo più affidabile di trattamento, la ricomparsa della tumefazione è comunque possibile, anche se rara.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

è una piccola cisti che compare alla base falange distale delle dita a livello della articolazione interfalangea distale, sul dorso del dito stesso e si sviluppa lateralmente al tendine estensore. Molte volte si associa alla comparsa sull’unghia con un quadro di distrofia ungueale causato dall’impronta della cisti che comprime la matrice ed il letto ungueale. Può essere molto dolente. Essa può formarsi sia in maniera isolata o associata a deformazioni artrosiche, i cosiddetti noduli di Heberden. Trattamento:  Il trattamento consiste nell’asportazione chirurgica e viene effettuato in anestesia locale ed in regime di day-hospital. Si ricorda che in caso di presenza di artrosi sottostante, la cisti si potrebbe ripresentare. Dopo l’intervento la mobilizzazione è immediata.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

è il tumore osseo primitivo più frequente nella mano e nell’arto superiore, ed è più frequentemente localizzato a livello delle falangi e dei metacarpi. E’ un tumore benigno e compare solitamente tra la seconda e la quarta decade di vita. Solitamente asintomatico, viene spesso diagnosticato a seguito di un trauma per il quale si richiede una radiografia; altre volte invece l’esordio clinico è dovuto ad una frattura della falange a livello della lesione tumorale per un trauma anche lieve; altre volte invece il paziente riferisce la comparsa di una tumefazione progressiva e dolorosa a livello della falange prossimale di un dito. La radiografia mostra una rarefazione ossea della falange con un rigonfiamento del profilo osseo e assottigliamento della corticale. Trattamento:  il trattamento è chirurgico e consiste nello svuotamento della lesione e nel riempimento della cavità con tessuto osseo prelevato solitamente dal polso o dalla cresta iliaca oppure con osso sintetico.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

il tumore a cellule giganti delle guaine tendinee (TCG) è una lesione benigna delle parti molli, fra le più frequenti nella mano. Può essere chiamato anche con altri nomi, tra i quali il più frequente è tumore a mieloplassi. E’ più frequente nelle donne tra i 40 e 60 anni. Inizia come una tumefazione dura e aderente ai piani profondi a lento sviluppo che tende a diventare polilobata, spesso sul versante palmare della mano. Trattamento:   l’intervento chirurgico è raccomandato e viene eseguito in anestesia di plesso in regime di day-surgery. E’ fondamentale un intervento con accurata dissezione in quanto spesso è adeso ai nervi digitali e va eseguita una asportazione che sia la più radicale possibile per ridurre al minimo la possibilità che si ripresenti. Dopo l’intervento è consentita l’immediata ripresa del movimento delle dita limitando l’attività lavorativa pesante per almeno una decina di giorni.

CHE COSA È E QUALI SONO I SINTOMI

i nervi sono strutture fragili e possono essere danneggiati da un’eccessiva pressione, uno strappo oppure un taglio. Qualora vengano lesionate le fibre nervose la corretta conduzione del segnale viene a mancare ed i sintomi possono essere di natura motoria (paralisi dei muscoli innervati) e sensitiva (perdita di sensibilità in corrispondenza del territorio di distribuzione del nervo leso); raramente la sintomatologia può essere isolata per i soli nervi sensitivi o motori. Trattamento:  tutte le lesioni nervose periferiche sono da operare in tempi brevi, meglio se in urgenza. Il trattamento  è di tipo chirurgico e prevede la sutura microchirurgica dei due capi recisi con fili e strumenti ottici adeguati. Qualora, invece, si debba riparare una lesione con un’ampia perdita di sostanza o in caso di lesioni tardive è consigliato l’utilizzo di un innesto nervoso; questo significa prelevare un nervo da un’altra parte del corpo o allestire muscolo in vena per colmare lo spazio e permettere in questo modo alle fibre a monte dell’interruzione di rigenerare e raggiungere l’altro capo del nervo. La guarigione è un processo lento e la velocità di crescita del nervo dipende dall’età del paziente, dalla modalità del trauma e da altri fattori. Nel post-operatorio è importante prevenire la rigidità delle articolazioni e la progressiva atrofia dei muscoli innervati dal nervo leso; per questo scopo è di fondamentale importanza la fisioterapia ed il confezionamento di tutori mirati.

i tendini sono lo strumento grazie al quale i muscoli riescono a flettere ed estendere polso e mano; si inseriscono sulle ossa e possono essere paragonati a corde lisce, flessibili e molto resistenti. Una ferita da taglio anche poco profonda è in grado di causare una lesione tendinea, specialmente in alcune regioni del polso dove i tendini scorrono molto prossimi alla cute. Meno frequentemente può essere causata da un evento traumatico brusco, in assenza di tagli della cute, che strappi il tendine dalla sua inserzione sull’osso. Trattamento:  chirurgico e volto a ripristinare la continuità del tendine e restituirne la funzione. Un trattamento precoce dà migliori garanzie di successo. L’intervento dipende dal tipo di lesione. Se un tendine viene completamente tagliato, il capo connesso al muscolo si retrae come fosse un elastico: per questo è talvolta necessario esplorare la ferita ampliandone le dimensioni; i due capi vengono poi suturati insieme. Qualora il tendine sia invece stato strappato è necessario fissarlo nuovamente sull’osso. L’intervento viene eseguito con anestesia del solo arto superiore. Nel post-operatorio, in seguito ad un periodo di immobilizzazione, assume fondamentale importanza il trattamento fisioterapico con tutori statici e dinamici ed esercizi mirati a prevenire rigidità ed aderenze tra tendine e strutture circostanti. In particolar modo le aderenze, risultato del fisiologico processo di guarigione, sono una possibile causa di insuccesso del trattamento chirurgico e la loro rimozione può necessitare un ulteriore intervento.

amputazioni e sub-amputazioni.  Trattamento: la microchirurgia. E’ una tecnica chirurgica che si avvale di tecniche di amplificazione ottica, quale il microscopio operatore, attraverso il quale si possono trattare con il massimo rispetto e cura tessuti, organi e strutture quanto mai piccole e delicate, come vasi e nervi, che per dimensioni non potrebbero essere trattati con tecniche tradizionali. Grazie ad un training chirurgico dedicato e strumentazioni raffinate questa disciplina ci permette procedure che solo pochi anni fa erano impensabili. Per antonomasia la microchirurgia tratta il reimpianto di un segmento amputato o sub-amputato, come ad esempio un arto o parte di esso (mano-dita). Tuttavia anche le ricostruzioni post traumatiche dell’arto sia superiore che inferiore e le ricostruzioni dopo chirurgia oncologica demolitiva risultano campi d’applicazione di tale disciplina. La microchirurgia ha inoltre permesso lo sviluppo e l’applicazione clinica del “lembo libero” in risposta a gravi perdite di sostanza conseguenti a traumi o a demolizioni. Grazie a questa tecnica è possibile trasferire tessuti da una sede donatrice ad una ricevente mantenendo intatta la propria circolazione, procedura non attuabile con le tecniche tradizionali.

una frattura è un’interruzione della continuità di un osso che si verifica solitamente in seguito ad un evento traumatico. Una frattura può essere scomposta se i due monconi si spostano e non si trovano più allineati sullo stesso asse, o composta se i frammenti rimangono sullo stesso asse; una frattura può essere chiusa, se non c’è lacerazione del tessuto muscolare o cutaneo, o esposta, quando un moncone lacera la cute: in questi casi aumenta il rischio di infezione. La frattura del polso o delle dita è una patologia relativamente comune. In generale essa si manifesta con dolore violento, deformazione dell’arto, gonfiore, incapacità funzionale e dei movimenti, tumefazione ed ecchimosi. La diagnosi si effettua generalmente con una radiografia. Trattamento:  l’applicazione di un tutore chiuso o di un apparecchio gessato può essere sufficiente nel trattamento di una frattura composta e stabile o che è stata ridotta. In alcuni tipi di fratture scomposte i capi ossei possono essere mantenuti nella corretta posizione mediante l’utilizzo di fili di metallo o di viti inserite con metodo percutaneo;  altri casi richiedono un intervento chirurgico e l’ausilio di mezzi di sintesi come fili, viti o placche che stabilizzino l’osso. In traumi della mano più importanti può mancare una parte di osso o la frattura è tale da non poter essere riparata direttamente. In tali casi è necessario ricorrere ad un innesto di osso prelevato da un’altra parte del corpo per garantire maggiore stabilità. La formazione del callo osseo, parte del processo di guarigione, richiede molto tempo e prevede un periodo variabile di immobilità. In seguito alla guarigione dell’osso possono residuare problemi articolari o diminuzione di forza. In questi casi sarà fondamentale il trattamento fisioterapico.

  • LESIONE DELLA FIBROCRTILAGINE TRIANGOLARE (TFCC) è importante sottolineare che non tutte le anormalità strutturali della TFCC sono necessariamente causa di dolori e sintomi associati. Pertanto è sempre opportuno correlare i fattori anatomici con caratteristiche di patologia, con la storia anamnestica e soprattutto con i sintomi riferiti dal paziente per adottare il migliore trattamento.
  • LESIONE LEGAMENTO SCAFOLUNATO: ancora oggi non esiste un gold standard. Sono state descritte numerose possibilità di trattamento ma fondamentale risulta essere il fattore tempo ovvero la cronicità o meno del trauma. In una lesione acuta del legamento SL si può agire in modi differenti. Riduzione chiusa ed immobilizzazione è indicata solo in caso di trauma recente con imaging negativa ma dolore riferito in sede scafolunata; l’immobilizzazione va mantenuta per almeno 3-4 settimane. In caso di persistenza di dolore alla rimozione del tutore di immobilizzazione può essere indicato approfondire la clinica con una RMN ed eventualmente eseguire una artroscopia di polso che può garantire non solo l’identificazione della lesione, ma anche darne una stadiazione e di conseguenza una maggiore indicazione al tipo di trattamento.
  •  dito a scatto congenito: presentazione delle patologia avviene nel pollice trai 16 e i 24 mesi con progressivo atteggiamento in flessione del dito poco o scarsamente associato a episodi di “scatto”. Il dito assume progressivamente una contrattura in flessione, scarsamente riducibile in estensione con nodulo palpabile alla metacarpofalangea
  • sindattilia: fusione di due o più dita. Può essere evidenziata come condizione isolata o presente anche in quadri sindromici. A seconda del livello di fusione cutanea può essere definita completa o incompleta. Nelle sindattilie semplici vi è solo interessamento cutaneo mentre quelle complesse presentano fusione ossea o anche cartilaginea
  • simpolidattilia: può essere un quadro di transizione con le polidattilie centrali ossia quando la fusione ossea è presente da lato a lato anche tra le falangi prossimale e media
  • simbrachidattilia: dita corte con fusione cutanea.  E’ stato tuttavia dimostrato che tale condizione è solo la più benevola tra le viarie forme di complessità ingravescente con le quali la malattia si può manifestare
  • polidattilia: può essere riconosciuta come condizione isolata o in quadri sindromici. La parte sovrannumeraria può essere un piccolo appendice flottante dotato unicamente di un peduncolo vascolonervoso e di una variabile parte ossea oppure un dito completo normoconformato che insorge dalla mf e può avere un metacarpo autonomo
  • ipoplasia di pollice: in molti casi è possibile ottenere un pollice con caratteristiche morfologiche e funzionali soddisfacenti o tramite ricostruzione e potenziamento di un pollice pre-esistente o con un intervento che permette il rifacimento del pollice (pollicizzazione dell’indice)
  • mano torta radiale: avambraccio corto, mano deviata e pollice ipoplastico. Presente soprattutto in quadri sindromici e non come forma isolata
  • camptodattilia: deformità in flessione dell’articolazione interfalangea prossimale
  • artrogriposi: irrigidimento o anchilosi di almeno due diverse articolazioni presente dalla nascita. Colpisce frequentemente sia gli arti superiori che gli arti inferiori
  • Sindrome di Poland: ipoplasia o agenesia del muscolo grande pettorale e simbrachidattilia
  • epidermolisi bollosa: caratterizzata da particolare suscettibilità dei tegumenti alla frizione con formazione di lesioni bollose in seguito a traumi anche di modesta entità
  • Sindrome di Apert: sindrome complessa che presenta condizioni di sindattilie molto complesse associate a craniofaciostenosi (anomalie del cranio con prematura fusione di una o più suture craniche) e ipoplasia mediofaciale